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La birra rappresenta una delle bevande più antiche e amate al mondo, e tra i suoi stili, la English IPA occupa un posto speciale. Questo stile, noto per il suo profilo aromatico e il suo equilibrio, è un vero e proprio viaggio sensoriale. Se ti stai chiedendo come realizzare una birra che rispecchi questa tradizione, sei nel posto giusto. La mia esperienza personale nella produzione di birra mi ha portato a esplorare vari metodi, e oggi condividerò con te i dettagli del mio ultimo tentativo di produrre una English IPA.
La scelta degli ingredienti chiave
Quando si tratta di preparare una English IPA, la scelta degli ingredienti è fondamentale. Ho deciso di utilizzare un malto base Maris Otter, noto per il suo profilo ricco e caramello, che conferisce profondità al gusto. Inoltre, ho optato per malti Crystal, ma con moderazione, per evitare di sovrastare il sapore complessivo della birra. La decisione di non utilizzare il dry hopping è stata una mossa strategica per concentrarmi sulle aggiunte in pentola, così da ottenere un profilo luppolato classico e ben integrato.
Ho trovato affascinante l’idea di utilizzare luppolo in coni, un approccio che rispecchia la tradizione inglese. Questo metodo non solo ha contribuito a un aroma più complesso, ma ha anche aggiunto una sensazione palatale avvolgente grazie ai polifenoli presenti nella parte verde della pianta. E, parlando di acqua, ho usato quella di rete di Roma, filtrata a carboni attivi, cercando di mantenere un giusto equilibrio di solfati e calcio.
Fermentazione e lievito: il cuore della birra
Il lievito è un altro elemento cruciale nella produzione della birra. Ho deciso di utilizzare il ceppo English Ale della Pinnacle, un produttore emergente nel panorama birrario italiano. Con una attenuazione prevista tra il 72% e il 78%, ho scelto di iniziare la fermentazione a una temperatura di 65°C, per spingere la FG verso il limite alto. Tuttavia, la fermentazione si è fermata al 72%, probabilmente a causa delle destrine dei malti Crystal. Nonostante ciò, ho voluto bilanciare l’amaro con gli zuccheri residui, seguendo il trend delle moderne IPA britanniche.
Ricordo un momento, proprio in fase di fermentazione, quando ho notato le prime bolle comparire il giorno dopo l’inoculo. È sempre una gioia vedere che tutto stia procedendo come previsto! Al terzo giorno, ho spinto un po’ di anidride carbonica per stimolare il lievito a consumare gli ultimi punti di densità. Ho anche fatto un paio di aggiustamenti di temperatura per dare un’ulteriore spinta al lievito prima del cold crash.
La clarificazione e il risultato finale
La lagerizzazione iniziale non ha dato i risultati sperati; dopo 15 giorni a -2°C, la birra era ancora piuttosto torbida. Nonostante il mosto fosse limpido durante la fermentazione, sembra che l’uso dei coni abbia introdotto una certa torbidità, probabilmente a causa di proteine e polifenoli che hanno formato chill haze. D’altronde, queste cose possono succedere anche ai migliori. Dopo oltre 40 giorni in frigo, la birra era ancora velata, ma ho deciso di carbonare a circa 2.0 volumi, utilizzando una carbonazione forzata.
L’aspetto finale è stato promettente: una schiuma bianca, compatta e persistente, con una birra di colore ambrato, anche se leggermente velata. Passiamo all’aroma: note erbacee e balsamiche hanno catturato il mio naso, mentre il malto si è fatto sentire con delicate sfumature di biscotto e caramello. Il palato ha rivelato un equilibrio tra l’amaro e le note dolci, con un retrogusto di agrumi che ricorda l’arancia amara.
Riflessioni personali sulla produzione di birra
Questa esperienza di produzione di birra mi ha insegnato molto. Ogni tentativo è un’opportunità di apprendimento. Personalmente, ritengo che la chiave per una buona birra risieda nella pazienza e nell’attenzione ai dettagli. Anche se la torbidità finale non era ciò che speravo, la ricetta è stata promossa. E chissà, forse nel prossimo tentativo riuscirò a raggiungere quella limpidezza desiderata. La birrificazione è un viaggio, e ogni bottiglia racconta una storia.