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Con l’arrivo dell’estate, molti di noi iniziano a sognare lunghe giornate di sole in spiaggia. Ma hai mai notato quei cartelli che vietano di portare cibo dall’esterno? È un fenomeno che suscita non poche polemiche. Eppure, questa pratica è in contrasto con la normativa vigente che tutela il diritto dei bagnanti a portare cibi da casa. È fondamentale sapere quali siano i diritti di ogni cittadino su una spiaggia demaniale, anche quando ci si confronta con regolamenti interni che sembrano limitare tale libertà. Ma quali sono, di preciso, queste normative? Scopriamolo insieme.
Il quadro normativo: cosa dice la legge?
Partiamo dal principio: secondo l’articolo 822 del Codice civile, tutte le spiagge sono considerate aree demaniali e, quindi, pubbliche, anche quando gestite da privati. Questo significa che i gestori degli stabilimenti balneari non possono vietare l’accesso libero alla battigia. La legge finanziaria n. 296/2006, all’articolo 1, comma 251, ribadisce questo diritto, chiarendo che è obbligo dei titolari delle concessioni garantire il libero accesso alla spiaggia per i bagnanti. Ma perché, allora, ci sono così tanti divieti?
Non esiste infatti una norma nazionale che consenta ai gestori di vietare il consumo di alimenti portati da casa. Eventuali restrizioni possono essere applicate solo in aree specifiche come ristoranti o bar, ma non si possono estendere all’intera spiaggia. E attenzione: i gestori non hanno il diritto di controllare borse o zaini dei clienti. Udicon (Unione per la Difesa dei Consumatori) ha anche dichiarato che tali divieti sono illegittimi, violando il diritto alla fruizione del bene pubblico. Insomma, la situazione è chiara: portare il proprio pranzo in spiaggia è un diritto!
Le misure di sicurezza e igiene
È legittimo portare cibo e bevande in spiaggia, ma i gestori possono comunque adottare misure di sicurezza e igiene. Ad esempio, è accettabile vietare l’uso di contenitori in vetro o comportamenti molesti per gli altri bagnanti. Tuttavia, non possono impedire a una famiglia di consumare un panino o un’insalata sotto l’ombrellone. Ti sei mai trovato in una situazione del genere? È frustrante, non è vero? Non è neppure lecito obbligare i bagnanti a rifornirsi esclusivamente dal bar dello stabilimento.
Inoltre, quei cartelli che vietano l’introduzione di cibo e bevande non hanno valore legale se non supportati da specifiche norme. In caso di rifiuto all’accesso o controlli invasivi, i bagnanti possono richiamarsi agli articoli 610 e 635 del codice penale, che riguardano rispettivamente la violenza privata e la turbativa del possesso. Quindi, se ti trovi di fronte a un divieto ingiustificato, sappi che hai degli strumenti legali a tua disposizione.
Abusi e diritti dei bagnanti
Spesso i gestori si giustificano appellandosi a presunte ordinanze comunali. Ma quanto di vero c’è in queste affermazioni? Molte di esse si rivelano distorte. Ad esempio, l’ordinanza balneare della Regione Puglia per il 2025 autorizza esplicitamente il consumo di alimenti portati da casa, a condizione di mantenere decoro e pulizia. Analogamente, il regolamento del Comune di Roma vieta ai gestori di ostacolare il consumo di cibo al di fuori delle aree di ristorazione.
È chiaro che le istituzioni devono fornire indicazioni precise ai gestori degli stabilimenti per evitare conflitti e malintesi. Le azioni punitive nei confronti dei bagnanti che esercitano i loro diritti devono essere evitate. E se dovesse capitarti di dover contestare un divieto, è sempre consigliabile contattare le autorità competenti per chiarimenti. Dopotutto, le spiagge sono beni demaniali e devono rimanere accessibili a tutti, senza imposizioni arbitrarie da parte di privati. Le istituzioni devono garantire che i diritti dei cittadini siano rispettati, perché, alla fine della giornata, tutti noi abbiamo diritto a goderci il sole e il mare senza stress.